2. Il nuovo lavoro

Era quasi il tramonto, viaggiavo nella palude da molte ore, ed ero già a corto di benzina, quando la mia barca sbucò fuori dal canneto in uno specchio d'acqua dominato da due torri bianche. Sul lato opposto c'era un'isola, con un agglomerato confuso di edifici; una grande insegna diceva ``Consiglio Nazionale delle Ricerche - Area di San Cataldo". Non era solo una piccola isola in una palude: stavo arrivando ad una torre d'avorio, dove lavoravano famosi scienziati. Ero pronto a diventare uno di loro, non mi illudevo che sarebbe stato facile. Sotto all'insegna c'era un piccolo molo.

Attraccai e scesi a terra, per modo di dire: l'isola di San Cataldo non era stata una collina, ma un grande palazzo poi semisommerso, sopra al quale erano stati costruiti nuovi edifici. Il molo conduceva ad una finestra al primo piano dell'edificio antico, che era stata riadattata a porta. Entrai; in giro non si vedeva nessuno, al primo piano c'erano solo dei lunghi corridoi debolmente illuminati da luci che mi seguivano al mio passaggio. I pavimenti erano fangosi, il che non mi importava perché avevo gli stivali di gomma, ma l'odore era cattivo, e le zanzare mordevano ferocemente.

Salii al secondo piano, e mi trovai in un corridoio abbastanza pulito con le pareti coperte di bacheche e manifesti. Bussai ad una porta scelta a caso, su cui stava scritto: Impianti ausiliari. Non avendo avuto risposta, tentai la maniglia ed entrai. C'era un tizio che pedalava energicamente su di un ciclogeneratore.

- Buona sera.

- Buona sera - rispose ansimando il ciclista.

- Mi saprebbe dire dove posso trovare...

- Aspetti cinque minuti, non posso fermarmi ora - e continuò a pedalare come se fosse allo sprint finale di una gara ciclistica; finché si sentì un segnale acustico e il ciclista si fermò.

- Cento cinquanta watt! A loro sembra facile fare cento cinquanta watt!

- Mi scusi, mi saprebbe dire dove posso trovare la professoressa Giusti?

- La professoressa Giusti! È proprio lei che vuole continuare a usare i calcolatori più potenti anche con la bassa marea. Terzo piano, in fondo al corridoio, stanza 322; e le dica di spegnere che io vado a casa.

Lavorare fino a tardi, senza troppo badare a chi era stanco, era la regola del posto. Al piano superiore il corridoio era ormai quasi buio, con fatica trovai la stanza 322. Bussai, non ebbi risposta, ed entrai. Era un grande ufficio con una finestra verso i monti, in lontananza si vedevano le cime arrossate dal tramonto. Per contrasto, l'ufficio sembrava mal illuminato: c'era un grande tavolo in mezzo alla stanza, da un lato una scrivania ingombra di carte, dall'altro dei tavolini con i calcolatori, a uno dei quali era seduta una signora di mezza età che non sembrò neanche accorgersi del mio arrivo.

- La professoressa Giusti? - chiesi.

- Ah, mi scusi - disse togliendosi gli occhiali; si alzò e venne a guardarmi da vicino, nella luce del tramonto - non l'avevo sentita. Chi è lei?

- Sono Alberto Nieri... mi manda il preside della Facoltà di Scienze dell'Università di Pisa/Calci.

- Il nuovo dottorando, in decrittazione multimediale? Benvenuto... sono sicura, il lavoro ti piacerà. Vedi, abbiamo molti progetti importanti, ma il più interessante...

Non avevo molta voglia di ascoltare discorsi di lavoro: ero appena arrivato, ero stanco e pieno di punture di zanzare. Perciò mi limitai ad osservarla mentre parlava. Era di piccola statura, con i capelli neri ricci, le labbra sottili e un naso deciso, gli occhi neri; portava un vestito intero nero, sobrio ma aderente, che non nascondeva delle forme generose. Io stavo cercando di decidere se mi piaceva, non come donna, si capisce, lei era molto più anziana di me, quarantenne e passa. Eppure si teneva in forma per la sua età, era piena di energia, il suo corpo si muoveva sempre come se danzasse. Portava un profumo, non troppo forte, che si mescolava con l'odore del suo corpo: che sollievo dopo il puzzo della palude! La sua voce era piacevole, con un ritmo, come accompagnata da una musica; io ascoltavo il suono, non le parole, finché mi accorsi che aveva smesso di parlare, e aspettava una risposta.

- Come scusi?

- Ti stavo chiedendo, se hai già un alloggio... - mi rispose la professoressa - vedo che sei stanco per il viaggio, ora vai a riposare; domattina ti spiegherò.

- Mi hanno assegnato un appartamento alla torre B.

- Una delle torri bianche, proprio qui di fronte; allora buona sera.

Lei si voltò e tornò al suo calcolatore. Io la guardavo di spalle, osservavo la curva del suo collo, come teneva la testa ben sollevata. Mi chiedevo se mi sarebbe piaciuto lavorare con lei. Avevo già cominciato a capire quanto era esigente con i suoi collaboratori; non sapevo ancora che razza di sfida sarebbe stata per me.

Ridiscesi al molo e tentai di far ripartire il mio motore fuoribordo, ma la benzina era proprio finita e dovetti remare fino alle torri. La mia barca era un topo, una barca affusolata e a fondo piatto, molto adatta per sbrogliarsela nei canneti, ma ad andare a remi si faceva fatica. L'appartamento B14 era in alto in una delle torri bianche, piccolo ma dotato di tutti i confort; però il puzzo della palude si sentiva anche lassù, forse aveva già saturato i miei vestiti. Era chiaro che la mia vita di ricercatore non sarebbe stata tanto comoda.



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Andrea Milani 2011-10-11