Sommario La funzione hamiltoniana è un modo conveniente di descrivere un sistema dinamico conservativo; tuttavia le equazioni di Hamilton dipendono dalla scelta di un sistema di coordinate, e non sono invarianti rispetto ad un cambiamento di coordinate nel piano (p,q). Le trasformazioni canoniche sono quei cambiamenti di coordinate che consentono di conservare la descrizione del sistema dinamico mediante la funzione hamiltoniana, anzi mediante la stessa funzione di Hamilton, espressa nel nuovo sistema. Le trasformazioni canoniche possono a loro volta essere descritte in termini di una sola funzione generatrice, che però in molti casi significativi risulta una ``funzione a più valori''.
Vogliamo determinare quali cambiamenti di coordinate
trasformano le equazioni di Hamilton con hamiltoniana H(p,q) nelle equazioni di Hamilton con hamiltoniana K(w,z). Il problema diventa più facile se si impone la condizione - più restrittiva- che le due hamiltoniane siano ottenute mediante la stessa trasformazione, come le funzioni con gli stessi valori nei punti corrispondenti:
si dice in questo caso che le due hamiltoniane si corrispondono per valore .
Se valgono entrambe le proprietà, di preservare la forma
hamiltoniana della dinamica, con hamiltoniane che si corrispondono per
valore, il cambiamento di coordinate si dice
trasformazione canonica .
Teorema delle trasformazioni che conservano l'area :
Sia un cambiamento di coordinate che sia un diffeomorfismo
(
e con inversa
); se A è la matrice jacobiana di
:
la trasformazione è canonica se e solo se
identicamente, cioè se conserva l'area .
Dimostrazione:
Calcoliamo la velocità nel piano (w,z) considerando le coordinate (w,z) come funzione delle (p,q):
e sostituiamo al posto di il secondo membro delle
equazioni di Hamilton nelle variabili (p,q):
Ora si tratta di stabilire quale relazione esista tra il gradiente
e quello
; se facciamo l'ipotesi che le due
funzioni si
corrispondano per valore ,
utilizzando il differenziale della funzione composta si ottiene
Per sostituire nell'equazione precedente occorre tenere presente che
Allora i due sistemi di equazioni di Hamilton si corrispondono in ogni punto se e solo se vale identicamente:
Eseguendo il calcolo dei prodotti di matrici:
per cui la condizione è .
Abbiamo già visto che il flusso integrale di un sistema
hamiltoniano è conservativo, cioè conserva l'area. In effetti è
intuitivo che il flusso integrale per un tempo t fisso è
un'equivalenza tra le dinamiche ,
se le equazioni differenziali non dipendono dal tempo; quindi
il flusso integrale è una trasformazione canonica per ogni
t per cui è definito.
Esempio:
La matrice jacobiana è:
e quindi la condizione di conservare l'area è soddisfatta soltanto se
ossia soltanto se la trasformazione ha, nell'intorno di ogni punto, f'(q)=0 oppure g'(p)=0, e quindi è (almeno localmente e a meno di costanti) uno scorrimento di un tipo o dell'altro.
Esempio:
e anche
perciò si possono scambiare i ruoli di p e q pur di aggiustare in modo opportuno i segni.
Esempio:
non è canonica; c'è però una modificazione di questa che è
canonica: prendiamo la trasformazione definita da
con jacobiana
e determinante f'(I)f(I). Perché la trasformazione conservi l'area, la funzione f(I) deve soddisfare all'equazione (a variabili separabili)
da cui la trasformazione canonica
Problema Trovare tutte le trasformazioni canoniche lineari:
dove A è una matrice simplettica
, con
.
Suggerimento: Questo problema è già stato menzionato al momento della definizione di sistema dinamico discreto conservativo .
Usando l'equazione caratteristica , si trova il
criterio della traccia per cui
caratterizza le matrici simplettiche stabili
che sono rotazioni,
caratterizza le
matrici simplettiche iperboliche con autovalori
reali
; per
ci sono
due casi, a seconda se la matrice è o no
diagonalizzabile .
Abbiamo visto come verificare che una data trasformazione è canonica, usando il determinante jacobiano. Cerchiamo un metodo per costruire trasformazioni canoniche: per questo si sfrutta l'equivalenza della proprietà di essere canonica con la proprietà di conservare l'area.
L'area di un insieme limitatoe chiuso D nel piano delle variabili (p,q) si misura mediante l'integrale doppio
che per la formula di Green si può esprimere mediante un integrale di linea sulla curva chiusa che fa da bordo all'insieme D, percorsa in verso antiorario
Anche nel caso di insiemi di forma più complessa il cui bordo è diviso in componenti connesse, ciascuna delle quali è una curva chiusa, vale la formula di Green purché si intenda che ogni curva del bordo sia percorsa in modo da lasciarsi l'insieme D a sinistra rispetto alla velocità sulla curva.
L'espressione è una forma differenziale lineare ,
dove la ``funzione coordinata'' p è una funzione del punto sulla curva.
Consideriamo ora una trasformazione , definita (e
di classe
) su di un aperto
; l'immagine di
per la trasformazione sia E. L'ipotesi che la
trasformazione sia canonica si traduce nell'eguaglianza delle aree:
Figure 5.12: La relazione tra un insieme del piano
ed il suo bordo contiene informazioni sull'orientazione. Un
insieme non semplicemente connesso può avere un bordo
composto da più di una curva, ma per ciascuna di queste
si può definire un verso di percorrenza.
Applicando la formula di Green nel piano (w,z), nella forma con la prima coordinata come variabile di integrazione:
Per la continuità della trasformazione, la curva (o le curve) che
costituisce il bordo è l'immagine mediante la
trasformazione della curva (o curve) che costituisce il bordo
. Perciò si può interpretare l'integrale di linea su
come integrale su
della forma differenziale
.
I cambiamenti di coordinate possono sempre essere interpretati come applicazioni tra due insiemi distinti oppure come parametrizzazione, con coppie di numeri diversi, dei punti dello stesso insieme. Il ragionamento che precede usa il secondo modo di pensare.
Per rendere pienamente legittimo questo passaggio dobbiamo
verificare che le curve che costituiscono e quelle che
costituiscono
si corrispondono non solo nel senso di
passare per punti corrispondenti, ma anche di avere lo stesso verso di
percorrenza. Questo è assicurato dal fatto che una trasformazione
canonica ``conserva l'area con il segno'', cioè non solo ha
determinante jacobiano
, ma proprio uguale a +1; perciò
conserva l'orientazione , e quindi se una curva gira sul bordo
di D in modo da lasciarsi D a sinistra, anche la sua immagine gira
sul bordo di E in modo da lasciarsi E a sinistra.
Allora l'eguaglianza delle aree si traduce nell'annullarsi di un'espressione calcolata nelle sole variabili ``vecchie'', cioè (p,q):
Si noti che la formula precedente vale per ogni insieme ,
sottoposto soltanto ad ipotesi di regolarità che assicurino
l'esistenza degli integrali doppi e di linea che abbiamo usato (se il
bordo di D è una curva regolare a tratti queste ipotesi
sono certamente soddisfatte). Ma allora la forma differenziale lineare
è una forma chiusa , cioè i suoi
integrali di linea non cambiano per una piccola deformazione del
cammino di integrazione a estremi fissi. In termini di campi
vettoriali, il campo vettoriale corrispondente a questa forma
differenziale è irrotazionale. Questo ragionamento è
alla base del metodo della funzione generatrice per
definire le trasformazioni canoniche.
Teorema della funzione generatrice : Sia B un insieme aperto del piano (p,q), e sia
un diffeomorfismo di classe tra i due insiemi B e C, che
sia anche una trasformazione canonica.
Sia un punto di B tale che
. Allora esiste un intorno U di
su
cui la
può essere descritta come segue: esiste una funzione F,
di classe
, delle variabili (q,w), detta
funzione generatrice ,
il cui differenziale è:
ossia, in termini di derivate parziali,
inoltre la funzione F(q,w) ha la proprietà che
L'insieme di definizione di F(q,w) è grande ``quanto è
necessario'' per definire la trasformazione tra tutti i punti di U
e tutti i punti di .
Dimostrazione:
ha determinante jacobiano in diverso da zero, e quindi
per il teorema della funzione inversa è un
diffeomorfismo almeno in un intorno di
. Componendo poi
questa trasformazione con
possiamo esprimere come
funzione di (q,w) anche p=p(q,w). Allora possiamo considerare la
forma differenziale
. Poiché essa
proviene, per cambiamento di variabili, dalla forma differenziale
chiusa
, e la proprietà di essere chiusa non
dipende dal sistema di coordinate (si veda
Appendice B.2), anche
è una forma chiusa , e quindi localmente una
forma esatta , in un intorno U di
:
ossia, in termini di derivate parziali, il campo vettoriale
[p(q,w), z(q,w)] è il campo gradiente di una funzione F(q,w),
di classe in un intorno di
, dove
è
definito da
.
Valgono perciò le equazioni
che definiscono implicitamente la trasformazione canonica .
Inoltre, derivando entrambi membri della seconda delle due equazioni qua
sopra si ottiene
La trasformazione canonica è univocamente definita
dalle equazioni implicite, poiché la condizione
assicura che si può
ricavare dall'equazione che dà z(q,w), in un
intorno di
, la funzione implicita q=q(w,z), che assieme a
p(q(w,z),w) definisce
.
Esempio:
definisce la trasformazione canonica
che rappresenta un cambiamento di scala che non cambia il valore della hamiltoniana. Per k=1 si ottiene la trasformazione identica.
La funzione generatrice è una funzione di variabili ``miste'', cioè una ``vecchia'' ed una ``nuova''. però la scelta di q nella coppia (p,q) e di w nella coppia (w,z) è arbitraria. Questo si potrebbe mostrare ripetendo il ragionamento con una scelta diversa delle formule di Green nel piano (p,q) e/o nel piano (w,z), ma anche più direttamente componendo una trasformazione definita da F(q,w) con una trasformazione che scambia la coordinata con il momento, in uno dei due piani (o in entrambi).
Naturalmente occorre aggiustare i segni: se si esegue
e quindi
è come definire un'unica trasformazione (che è la composta delle due) con funzione generatrice
ed equazioni implicite che definiscono la trasformazione:
Se si esegue la trasformazione
seguita da
è come usare la funzione generatrice in variabili miste
per definire la trasformazione
Finalmente, eseguendo due scambi coordinata/momento, uno nel piano (p,q) ed uno nel piano (w,z), si ottiene una quarta formula con funzione generatrice
e la regola di trasformazione con due segni meno:
L'unica difficoltà nell'impiego di una qualunque di queste quattro formule della trasformazione definita dalle funzione generatrice è quella di ricordarsi la regola dei segni. Per questo conviene, se possibile, attenersi al caso F(q,w) che ha tutti i segni positivi.
Esempio:
che definisce con le sue equazioni di Hamilton l'oscillatore armonico :
Applichiamo a questo sistema hamiltoniano la trasformazione
canonica definita dalla funzione generatrice:
ossia
Per esplicitare la trasformazione inversa
ricaviamo q dalla seconda equazione:
e quindi sostituiamo nella prima:
La costante nella definizione di F è stata
scelta per ottenere la semplificazione di K(w,z)=H(p,q)
che risulta sostituendo:
e quindi nelle variabili (w,z) il flusso integrale, in
funzione della condizione iniziale , è dato da
uno scorrimento :
Sostituendo nella trasformazione inversa si ottiene esplicitamente la soluzione anche nelle variabili (p,q):
Resta il problema di decidere la scelta dei segni nella
soluzione; per confronto con la soluzione nota
dell'oscillatore lineare, che è una rotazione con velocità
angolare nel piano
(si noti lo scambio,
essenziale per avere rotazione antioraria per
positivo) si può concludere che la scelta di due segni +
oppure due segni - è giusta. Però a questa conclusione
non si può arrivare sulla base della funzione generatrice
scelta, che definisce una trasformazione definita solo per
. Questo è un esempio del fatto che le proprietà
globali delle trasformazioni canoniche vanno studiate caso per
caso, senza farsi trascinare dal formalismo puramente locale
delle funzioni generatrici.